
L’espressione “pijare lu iundulu”deriverebbe dal dialettario salentino “iundu”, cioè onda, indica un’azione che sfrutta il moto di un’energia di qualunque tipo. In poche parole è come cavalcare, ad esempio, il flusso di un’altra forza naturale che agevola una manifestazione o supporta un atto quotidiano.
Gli uccelli che in volo si lasciano trasportare dalle correnti dell’aria per migrare rapidamente da una terra ad un’altra, rendono meglio l’idea di questo movimento.
D’altro canto la movenza ci ricorda vagamente anche quella lieve carica che i gatti accumulano sulle loro zampe, con ripetuti e repentini gesti, prima di proiettarsi sulla loro preda o per salire su un albero.
Per altri, il pijare lu iundulu sarebbe il tipico piglio di chi calcola le distanze e le forze disponibili prima di balzare su un altro luogo, un salterello per abbandonare uno stato e raggiungerne un altro o semplicemente un piccolo passo in avanti per spostarsi quindi in una nuova condizione.
È pijatu lu iundulu cu le parole e ci lu ferma cchiui? L’espressione assume tratto e colore anche quando si descrivono il politico durante un appassionato comizio, il professore ai suoi allievi attenti o la simpatica vicina di casa che bisbiglia alle sue piante. In questo caso s’identifica anche qualunque narratore che avvicenda il suo racconto appassionato senza concedersi una minima tregua quando cavalca un ascolto attento e partecipato.
Nello stesso dialetto, lu iundulu può essere anche un attimo di preparazione mentale o fisica prima di compiere qualche azione decisiva e importante. In questo caso, l’espressione si può chiarire o raffigurare come un arco teso al massimo, un attimo prima d’allentarlo per far partire il suo dardo verso l’obiettivo.
Il senso dello iundulu non ricorda solo il moto del mare ma anche l’atto del dondolarsi; quindi per molti sarebbe anche quella delicata e coordinata spinta che il corpo imprime al pendolo di un’altalena per non far spegnere il piacere del dondolio.
Il pescatore che esamina i moti ondosi, sa bene quando è il momento ideale per lanciare la sua barca sfruttando flussi e riflussi delle maree perché possa prendere facilmente il largo e agevolarsi il lavoro.
Il contadino non progetta il suo orto se prima non percepisce la forza dei movimenti lunari che stimolano e avviano i movimenti linfatici che regolano la radicazione. Per questo quando una piantina radica, emette le prime foglie e si affranca all’autosufficienza nello stesso dialetto si dice: “è pijatu lu iundulu”.
Il concetto ha perciò una dinamica ancora tutta da scoprire, un gioco di forze strettamente correlate che influenzano le decisioni da prendere; se non si possedesse quella stessa veemenza utile che l’ha generato, è molto più difficile frenare la sua vitalità; occorre disporre perciò di una valida coscienza che non ci lasci andare oltre i confini o che abbia la facoltà di ripetere quell’identico scatto che l’ha prodotto.
Per questo lu iundulu si può definire in smisurati modi, ogni termine ha il suo personale slancio, chi lo manifesta e chi lo fa filare inosservato, chi lo rende impetuoso e passionale come se fosse una rivoluzione chi invece leggero e impercettibile come uno stimolo quotidiano.
In ogni caso, come sintesi della nostra analisi, per la gioia dei salentini, lo iundulu si può descrivere come un percorso, con le sue partenze e i suoi arrivi, o meglio come se fosse quell’attimo di concentrazione che il centometrista trasmette con coraggio al suo corpo quando è poggiato sul blocco di partenza, prima dello start e la scarica adrenalinica subito dopo la sua meta.
Pijare lu Iundulu: espressione di un movimento
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