
Al seguito del gonfalone e della banda, si reclinano le sponde degli unici motocarri autorizzati ad esporre nel bel mezzo della festa di paese e si apre ai viandanti la sospirata offerta dei mustazzoli.
Il mustazzolo ha il colore della terra e l’odore del mediteraneo; è una dolce meteora che luccica sotto archi di luminarie colorate l’intensità della sua glassa di cioccolato.
Un cuore di biscotto da sgretolare con la robustezza di una grappa al negro amaro, con l’agrodolce di un vin cotto o con la morbidezza di uno sciroppo di carrube.
Quando distacchi il mustazzolo dalla sua farcitura ne strappi sempre un piccolo corpo dell’altro vicino poi, a morsi, gli arrotondi la sua farcitura, ne ridefinisci la sagoma e cerchi di scoprirne al palato la sua esclusiva esplosione di essenze.
Sono pizzichi di spezie, a seconda della sua versione, dall’anice alla cannella, dal decotto di fichi al miele o al mosto d’uva agli agrumi, da una manciata di granella di mandorle a quella di nocciole.
La sua ricetta, decisamente “barocca”, si trasmette da secoli, forse dal 1500, nel regno delle due Sicilie, e si identifica con nomi diversi a seconda della sua sorgente.
Pare che il nome fosse una deriva dal mustaceum, una sorta di focaccia nuziale cotta proprio con gli aromi delle foglie d’alloro e offerta agli ospiti prima di una partenza. La sua genesi, giunge, con gli arabi esperti nell’escludere il processo della lievitazione nella lavorazione del pane ma il segreto della sua bontà occorre chiederlo forse all’antica arte pasticcera Pugliese.
Il Mustazzolo: un dolce tipico salentino
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