
Il nome parte dagli antichi romani per precisare la sua precocità di maturazione, passa attraverso greci e persiani per essere identificata tra le terre italiche come albicocca (Prunus armeniaca) e in particolare per i napoletani crissommuolo, per i sardi barracoccu, per i siciliani pricocu o varcocu.
I salentini indicano questo frutto glabro e lucido, parente di ciliegie e prugne, con il nome di spergia o piricocca, mentre il nome abbastanza simile di mbrichecu lo riservano all’albero del pesco.
Quei residenti dell’Adriatico, più vicini ai miti greci, possono narrare di quell’albicocca dorata che Paride offrì alla dea Afrodite, un pomo che scatenò l’implacabile gelosia Atena, l’ira che costò la distruzione di Troia e un grande esodo di profughi.
Il pomo dorato avrebbe rappresentato il simbolo della sfera terrestre, un segno di potere per re e imperatori romani, da posare all’apice dei loro scettri, molto prima quindi delle dimostrazioni pratiche conseguite nel cinquecento con l’esperienza dei viaggiatori. Sarà questo il motivo per cui l’offerta della prima albicocca rappresenta per i salentini un simbolo di augurio per viaggiare e scoprire nuove terre?
In realtà, prima di accomodarsi nel nostro habitat, l’albero dell’albicocca pare che abbia iniziato il suo viaggio partendo dalla lontana Cina dopo aver attraversato l’Armenia. Ci potrebbe essere lo zampino di qualche grande imperatore appassionato di agronomia per valorizzare questa pianta, anche se ignoti arabi probabilmente ci avevano già pensato impiegandola in medicina.
Arabi o non arabi, la nostra albicocca già ci rifulge al sole di giugno e s’inoltra fino alla seconda decade di agosto a sporgersi come un frutto di pregio ricco di virtù vitaminiche da gustare sotto forma essiccata, sciroppata o fresca come meglio le preferiamo.
Albicocca: il frutto dorato di Giugno
Nessun commento:
Posta un commento