
Nel buio della notte i due soldati osservavano con attenzione il placido mare davanti ai loro occhi.
La fine della primavera era uno dei momenti di maggiore tensione. Il mare si calmava e il vento da sud, sud-est, rendeva facile la navigazione dei veloci sciabecchi dei pirati turchi, che partendo dalle coste albanesi raggiungevano le spiagge salentine, per depredare e fare razzie nelle masserie leccesi, catturando e facendo schivi gli abitanti dei territori sottoposti alla loro attenzione.
Se avessero visto arrivare una nave turca, avrebbero acceso i fuochi di segnalazione, posti su bracieri installati sul bordo della torre, al lato esposto verso l’entroterra.
Tra i merli della torre erano poste le smeriglie: cannoni a palle.
“Dizionario Universale D Architettura E Dizionario Vitruviano Accuratamente Ordinati Da Baldassare Orsini”, così descrive il cannone: “… s’intende generalmente per ogni sorta di artiglieria, ma propriamente è uno strumento d’arme da fuoco, di bronzo, o di ferro, di forma cilindrica, di varie grandezze, il doppio più grosso di metallo nella culata, che nella bocca …”.
L’artiglieria era posta su ogni lato della torre. E sotto, al centro di ogni lato, vi erano delle feritoie, per disporvi gli archibugi, e “caditoie”, per fare cadere olio bollente sulle teste degli assedianti.
Un “Capo torriere” e tre guardiani, costituivano la guarnigione che presidiava la torre, cui si arrivava tramite un ponte levatoio o una scala di legno, che poteva essere ritratta, passando per un cortile che circondava la torre e cui si aveva accesso tramite una porta, per rendere più difficile l’attacco alla torre.
Le più grandi, erano dotate anche di una cisterna per la raccolta delle acque piovane, per permettere ai difensori una più lunga difesa del punto di avvistamento.
I “cavallari” , guardiani che facevano la spola a cavallo tra le torri, perlustravano i lidi per fornire una maggiore sicurezza, per correre a segnalare, ai paesi dell’entroterra l’arrivo dei pirati, quando questo accadeva.
Per quanto fossero numerose, non sortirono l’effetto sperato, e molte furono distrutte prima ancora che i lavori per costruirle, fossero terminati.
Oggi disseminano le nostre coste, esempi di architettura che dal medioevo si protrassero fino al XVII secolo, simboli di un’epoca intrisa di terrore, che gli abitanti di questi luoghi esorcizzavano facendo uso dell’ironia e il sarcasmo tipici, di chi deve imparare a convivere con la paura di un futuro denso d’incognite.
Un anonimo cantore di quei tempi scrisse:
“… I cannoni e gli archibugi, insieme alle alabarde erano le armi utilizzate per rintuzzare il primo attacco. L’avvisare chi rischiava di essere preda inerme dei gaglioffi e ribaldi venuti dal mare, era il vero, primario scopo di chi, assiso sulla torre, doveva curarsi di far da vedetta per la salvezza dei corpi degli abitanti dei borghi, masserie, castelli e monasteri, che a quello delle anime ci avrebbe pensato il Vescovo …”.
Torri d'avvistamento
Nessun commento:
Posta un commento