
Qualche estate fa, durante uno dei tanti incontri che si fanno con turisti entusiasti, un uomo evidentemente di buona cultura, mi manifestava la sua meraviglia nel riscontrare tanta “grecità” nel Salento. Quell’uomo, ovviamente si era soffermato sulle sfumature linguistiche, culturali ed anche caratteriali, carpite da un animo sensibile durante una vacanza, ma aveva centrato perfettamente quella che forse è la matrice culturale più forgiante per questo territorio.
Il Salento è una terra di eterno passaggio tra occidente e oriente, prima strappata dal mondo latino a quello ellenistico, poi ritornata a quello bizantino per essere definitivamente latinizzata dai normanni.
L’essere discesi da avi orientali, ha portato la “Terra d’Otranto” a evolversi secondo i dettami di quell’impronta senza tuttavia impedirsi di approfittare della modernità portata dai nuovi conquistatori per rendere più organizzato e redditizio il proprio lavoro.
In questo quadro si può ascrivere la storia di una delle attività più antiche e affascinanti che questo territorio: la pastorizia. Se da una parte è, infatti, innegabile che la capacità di allevare gli armenti sia venuta da est, sia altrettanto innegabile che i romani ne fecero una delle attività più importanti e organizzate del mondo rurale, tanto da portare verso la fine dell’impero a considerare questa provincia come una delle più ricche.
Questa storia, ha una protagonista veramente singolare, la pecora di razza Moscia Leccese, detta più semplicemente pecora leccese.
Questa piccola ma fortissima pecora, ha attraversato i secoli con la sua simpatica faccia tutta nera, evolvendosi probabilmente da quei primi ovini che erano giunti al seguito dei popoli orientali che, traversando l’adriatico, si stabilirono nella Puglia meridionale.
I graffiti della Grotta dei Cervi di Porto Badisco, presso Otranto, ci raccontano che i salentini sono agricoltori da quasi seimila anni e tutto questo tempo ha favorito lo sviluppo di una cultura e di una serie di tecniche che hanno forgiato anche il territorio.
I pascoli qui non sono dei più ricchi, le piante hanno il problema di sopravvivere a estati calde e siccitose e inverni poco freddi ma ugualmente abbastanza asciutti, siamo in una delle zone meno piovose d’Italia, per non parlare degli aspetti pedologici, una landa piena di rocce affioranti con poca terra coltivabile e poco profonda, salvo alcune importanti eccezioni in areali ben definiti.
In quest’ambiente si sono selezionate nel mondo ovi-caprino due razze molto peculiari, la pecora leccese, già citata e la capra ionica.
Questi animali rivestono un’importanza talmente rilevante nella storia agricola del Salento che si può tranquillamente asserire siano state l’unica fonte di proteina animale per molti periodi in gran parte dei territori rurali.
La Moscia Leccese è, infatti, una pecora a triplice attitudine, latte, carne e lana e, come sappiamo il formaggio, la ricotta e le carni di agnello, agnellone o castrato hanno un posto di preminenza sulle tavole di questa parte del Bel Paese. A Lecce nelle occasioni speciali e nei giorni di festa importanti, il piatto centrale è la carne d’agnello.
Questa pecora, piccola, forte e molto particolare è un animale straordinario per frugalità e adattabilità.
La statura si attesta dall’altezza al garrese di quasi 56/60 cm nelle femmine ai circa 60/64 dei maschi. Il peso medio di questa razza non è elevato, negli esemplari adulti può raggiungere i 40 kg per le pecore mentre gli arieti possono arrivare ai 60 Kg. (Fonte: Disciplinare dei caratteri standard di razza del 07/11/1937 stilato dal Ministero dell’Agricoltura e Foreste).
La lana, distribuita in un vello di colore bianco, anche se non mancano gli individui a vello completamente nero, è costituita in bioccoli conici lunghi, cadenti fin sotto il costato distribuiti per tutto il tronco fino alla lunga coda. Sono lasciate scoperte testa e arti che, invece, sono coperti da una fine peluria, lucida e rasa di colore nero.
La testa piccola, con piccole orecchie laterali direzionabili e una bocca anch’essa piccola e aggraziata, oltre ad un profilo della stessa testa regolare (rettilineo nella femmina, leggermente convesso nell’ariete), completa una quasi eleganza che rende quest’animale molto piacevole da osservare.
Nelle pecore mancano di solito le corna mentre gli arieti presentano corna a sezione triangolare che tendono ad avvolgersi nella caratteristica spirale aperta.
Si ringrazia per la collaborazione scientifica il Dott. Cesario Trenta (Dottore in Scienze della Produzione Animale).
La Pecora Leccese (Moscia Leccese)