sabato 7 febbraio 2015

Le cultivar d'olivo salentine! Identità dubbie?

Ascolta con webReader

ulivi di LeucaC’è una biodiversità che anima il Salento, un catalogo di razze e varietà in attesa di essere riprese e rivalutate. Le diversità varietali si rannicchiano ormai tra i piccoli spazi che le comunità rurali hanno deciso di riservare. Quando si descrivono i caratteri naturali di un essere vivente, si ridestano prodigiosamente la memoria e il luogo d’origine della loro evoluzione, insieme all’affezione e la volontà di riprodurli.


I caratteri della pianta interagiscono, seppur in modo indiretto, con quello dell’uomo che li ha generati migliorandoli con l’antico rito dell’innesto, un atto che tra le comunità rurali appare oggi come un esercizio, quasi zen, purtroppo in via di estinzione.


Eppure, grazie all’opera degli antichi innestatori, che milioni di ulivi caratterizzano le tonalità del Salento; grazie ad essi abbiamo la facoltà di ammirarli, rispettarli e riviverli.


Per gli innestatori c’e un periodo esatto per assegnare una nuova gemma sul fusto selvatico, per sfruttare il movimento linfatico che erompe dai suoi vasi, poco prima che la pianta si risvegli dal suo torpore. Sono i momenti in cui si decidono le varietà più gentili di frutto più gustose e durevoli al clima e al suo cambiamento, ai batteri, agli insetti e alle virosi.


La pianta d’ulivo cerca di resistere anche alla sua stessa dimora, cercando di dissetarsi, insinuando e rivoltando le radici tra le fessure della sua roccia.


Per un ulivo secolare questa ricerca è uno sforzo anche per esprimersi e raccontarsi, ripiegandosi infinite volte su se stesso. Quando si accede nella dimensione di simili movimenti, tale percezione si accresce sempre di più e si rivive per ogni nostro delicato passo la loro incredibile genesi.


Con il percorso proposto, si percepiscono le differenze tra le colonie selvatiche, a sesti d’impianto irregolari, le più antiche e affascinanti, innestate accanto ai ruderi dei monasteri o ai siti importanti di scambio commerciale e quelle pur secolari e moderne a sesti regolari, in fila come milizie per un altro tipo di olivicoltura.


Nella storia olivicola della penisola salentina le due varietà più innestate, sono la Cellina di Nardò e la Ogliarola Leccese, due cultivar a confronto che meriterebbero molto più riguardo rispetto a quello odierno almeno per la loro storia, oltre che per la loro bellezza.


Probabilmente quelle che molti tradizionalmente annoverano sotto il nome di Cellina di Nardò, ad esempio, cultivar autoctone, che pur essendo molto simili, siano fondamentalmente diverse da quelle presenti nella zona di Gallipoli o di Otranto. Siamo proprio sicuri che tutti gli ulivi salentini siano retaggio di due sole varietà prevalenti? Potrebbe essere questo un insolito abbaglio che gli esperti si portano appresso da secoli?  


 



Le cultivar d'olivo salentine! Identità dubbie?

Nessun commento:

Posta un commento