
Proverbio Salentino: Li uai te la pignata li sape la cucchiara ca li ota (I guai della pignatta li conosce il suo mestolo che li gira).
La pignata è una pentola di terracotta smaltata, forse precorritrice della pentola a pressione, un tempo adoperata per conservare il grasso, la sugna o lo strutto. Un tegame che ricorda la forma tronfia e panciuta della pigna, con due solide fettucce per asole, ideale per lessare un misto di legumi durante i giorni feriali escluso la domenica che è dedicata alla pasta “fatta in casa”.
La pignata è anche un piatto tipico della civiltà rurale salentina che occupa un posto nella categoria dei cibi economici e lenti, singolare anche nel metodo di preparazione che potrebbe essere anche un ottimo esercizio di meditazione.
Il rito dello “spignattamento” inizia un giorno prima, con un opportuno ammollo acquatico di piselli, fave e ceci di stagione; consiste in una cottura moderata e distante dal fuoco diretto, su braci di legno d’olivo, almeno per quattro o cinque ore, fino a quando il duro legume si trasforma in una massa morbida e cremosa aromatizzata con porro, cipolla o pomodoro, con aglio e sedano, con rosmarino, salvia, finocchietto selvatico.
La pignata può essere annoverato come un magnifico esempio alimentare salentino e il gorgoglio del ribollir di fagioli, accompagnato da cicorie selvatiche, da un filetto d’olio, da cubetti di pane fritti (muersi), peperoncino e cipolline in agrodolce va a costituire uno dei piatti più remoti che il Salento conosca.
La nostra pentola dopo innumerevoli cotture, come tutte le cose ricavate dalla terra, manifesta i primi sintomi di decadimento, inizia a crepare fino al momento che non può essere più utilizzata tra gli utensili di casa e può essere perfino riciclata per altri usi. In alcuni popoli, come Spagna, Messico e Italia, nella prima domenica della Quaresima, la cara pentolaccia diviene un gioco simbolico che richiama il rito del fuoco che brucia il vecchio anno la cui fine coincide con l’equinozio primaverile.
Nel Meridione d’Italia il gioco comincia nel tentar di colpire, con un apposito cucchiarone la vecchia pignata. L’attore del gioco è il “pignataro” con in mano un’incarbonita pentola che vortica pericolosamente burlando la percezione uditiva con piccoli e fugaci rintocchi sul pavimento il “bastonatore” che cerca di colpire con gli occhi bendati e con l’intuito tra gli spettatori tifosi. Lo spasso finisce nel momento in cui lo stremato di turno colpisce e apre la pentolaccia, facendone cadere gli attesi premi che contiene, dolci e caramelle, un tempo immagini della buona semina e del buon auspicio.
La Pignata
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