
Sotto i lumi della grande festa patronale di un piccolo centro salentino l’anziano commerciante espone la sua scapece. Se siete turisti, e volete conoscere meglio il Salento, prima di decidere su quest’alimento tipico della città di Gallipoli è interessante chiedere notizie al suo espositore.
Tra le tinozze rigorosamente in legno (calette), oltre che a farvi annusare l’intensità del suo prodotto, come l’antica e discreta stadera di legno e ottone posata sul suo bancone, l’increspato mercante potrebbe raccontarvi qualcosa di più interessante rispetto alla nostra fugace descrizione.
La scapece è un pesce di piccole dimensioni, solitamente boghe (ope) o zerri (pupiddrhi), fritti e marinati nell’aceto e nello zafferano con la mollica di pane raffermo.
Un alimento a lunga conservazione, ideato per rimediare alla fame durante i giorni delle invasioni corsare e diffuso in ogni angolo del bacino del Mediterraneo. In particolare, la curiosa ricerca rileva la derivazione catalana del suo nome, escabeche, a sua volta proveniente dall’arabo sikbag, piatto tipico persiano fatto con il sugo di aceto a marinare la carne e non il pesce.
Si scopre anche che l’escabeche è un piatto tipico di molti paesi sudamericani, dal Cile a Cuba, dall’Uruguay all’Argentina presentato sotto svariate forme, accompagnato da pesto d’aglio, menta, cipolla, peperoncini piccanti, carote o funghi.
La presenza nella scapece dello zafferano, prodotto atipico del Salento, ci lascia qualche dubbio circa la sua reale origine; probabilmente doveva essere un ingrediente importato nel medioevo dagli ingegnosi gallipolini durante la loro fiorente attività commerciale o che magari la pianta crescesse spontaneo sulle colline dell’Alto Salento con qualche nome ormai dimenticato.
Un tempo, a grande richiesta, associato a questo consumo, era diffusa la regola dello scacchiddrhu, che appagava i più tradizionali; era un rito che consisteva nell’introduzione rapida e decisa del pesce marinato e gocciolante nella bocca aperta del suo fedele cliente barbuto, per via diretta, dalle mani del venditore che in questo modo ringraziava per l’acquisto.
La Scapece e il rito dimenticato
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