martedì 6 gennaio 2015

La riscoperta della Befana

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024C’è una leggenda popolare che accomuna la figura dell’amata Befana con quella della Babushka russa. Entrambi sono vecchiette cariche di doni che giungono quando la stalla del Bambinello è ormai svuotata. Da quella consegna mancata l’imprendibile signora erra ancora per le case alla ricerca di nuove nascite da onorare.


Per alcuni la vecchietta che verrebbe fuori, al gelo del solstizio, altro non è che una ripresa pagana che sopravvive sin dai tempi più remoti e coincide con una celebrazione ciclica e lunare che consisteva nell’incendiare un pezzo di albero decadente, simbolo di una storia ormai invecchiata.


Il culto appare così con la lenta combustione dei desideri inappagati dell’anno trascorso ed esorcizza le future privazioni materiali e i possibili insuccessi. Allora, anche il carbone, nero avanzo del rituale è un omaggio poco gradito per chi si aspetta delle cose buone.


Per alcuni, la fata-strega, sarebbe la nipote di un santo o la consorte di un orco che abita di solito in luoghi sacri e inaccessibili, disposta a ricambiare virtù e comportamenti con doni di pregio oppure pietrificare con il suo sguardo non sempre benevolo.


In alcuni popoli, il potere del rito coincideva perfino con l’origine e la rinascita della natura e si celebrava in quelle notti incantate che seguivano il solstizio d’inverno, filtrandone la ricorrenza al cospetto di un’ennesima dea madre.


I romani e i germanici, con queste cariche d’energia immaginavano una legione di figure femminili volteggiare sulle semine autunnali per auspicare e proteggere i raccolti.


Il mito si riprende quando alla guida delle metafore si ritrova l’adorata Diana essenza divina della fertilità; la figura sarebbe divenuta un fantoccio pagano incendiato poi con le mescolanze dei credi religiosi dai tempi della stregoneria medioevale fino a quelli odierni.


Il giorno dell’Epifania è tutt’altro che invisibile, si attende con ansia e fiducia, non solo dai bambini, tra i consumi smodati dell’essere urbano e l’ineffabile decadenza sociale. La vegliarda più che assonnata, a bordo della sua magia, potrebbe rappresentare l’espressione di un risveglio etico oltre che una sana riscoperta dei cicli naturali



La riscoperta della Befana

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