giovedì 11 giugno 2015

La Peronospora della Vite

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ph M.Ciccarese

ph M.Ciccarese


È un microrganismo detto anche come Plasmopara viticola appartenente alla classe degli oomiceti un fungo proveniente dall’America e importato in Francia alla fine del 1800. Un fungo che compare con quando le condizioni climatiche sono favorevoli. Quando la nostra capannina meteorologica segna precipitazioni superiori ai 10 mm e temperatura minima giornaliera maggiore di 10°C è consigliabile allertarsi. La malattia si completa davvero, però, quando i tralci della vite hanno raggiunto i 10 cm di lunghezza o comunque quando le foglie abbiano delle aperture stomatiche ben differenziate. I flagelli della peronospora si lasciano pattinare su quel velo sottile d’acqua piovana fino a raggiungere il primo stoma libero per occuparlo e attraversarlo, senza alcun permesso, fino a toccare i tessuti fogliari più indifesi. Un’invasione vera e propria cui segue l’altra strategia d’attacco, quella secondaria, quando sviluppa il “ reparto dei conidi” un’altra struttura che trova condizioni ideali a temperature di 13-14° C e un alta umidità relativa dell’aria.  L’apparato fogliare necrotizzato soccombe e cade lasciando scoperte le delicate inforescenze, i piccoli grappoli speranzosi, che fuoriescono da una tormentata fioritura che ingialliscono e si arricciano prima di disseccarsi.  Un fungo temuto, poco gradito dai viticoltori che intervengono a supporto con trattamenti difensivi per prevenire la malattia o curarla. Eccole che spuntano le lotte strategiche di ogni tipo dai composti rameici ai prodotti di sintesi chimica, un arsenale di prodotti pronti all’uso per chi possiede un regolare patentino. Nei periodi d’attacco del fungo, l’allerta che si propaga anche tra le piazze e i bollettini crea giustificata preoccupazione, timore di perdere la pregiata produzione di uva, e l’andirivieni frenetico di comprare questi prodotti si accresce. Trattare in tempo prima che il microrganismo tramortisca le piante, instaurare una lotta infinita, dai tempi della coltivazione della vite, dapprima con la poltiglia bordolese e il verde rame sulle foglie, e poi con i principi attivi del dopoguerra. Eppure qualcuno difende con razionalità la sua sospirata produzione, con la lotta biologica, rinforzando i tralci con concimazioni organiche oculate, che non spingano il vigore vegetativo che rallenti gli eccessi quantitativi, soffermandosi sulla qualità. Esiste perciò una requisito correlato quindi alla presenza del fungo, una sequenza di interventi colturali e culturali, una mentalità spesso orientata a eradicare batteri, funghi, virus e insetti delle piante come se fossero estremi nemici su cui adoperare strumenti chimici, spesso senza leggere le schede tecniche o magari senza neppure avere la licenza al loro utilizzo.



La Peronospora della Vite

sabato 23 maggio 2015

Il fiore del mare

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fiore di rosmarinoIl nome della pianta del rosmarino giunge dalle parole latine ros e marinus, ossia rugiada del mare. Un bell’arbusto dal titolo romantico la cui fioritura tinge d’azzurro i pendii costieri del mediterraneo. Il rosmarino è un’officinale riconosciuta fin dai tempi più antichi come essenza e aroma dalle innumerevoli virtù terapeutiche. E’ la pianta mediterranea che assieme al mirto glorifica i poeti e disseta le api.


La campanula del suo calice raccoglie le piccole corolle che somigliano a un labbro rendendo il titolo alla famiglia cui ne fa parte (ex labiate). Tra i suoi petali gli stami sono ben fermi sui sottili filamenti che si distendono al primo sole di marzo e si radunano in grappoli all’ascella delle foglie come spighe.


Ci sono molti racconti che legano i boccioli di questa pianta alla cura dell’uomo; riti, miti e credenze popolari associate all’immortalità e al benessere tanto da persuadere gli antichi a coltivarlo accanto agli usci delle case assieme a mirto alloro come messaggero d’amore, buon auspicio e fedeltà.


 



Il fiore del mare

sabato 9 maggio 2015

La Festa della Mamma

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rosa rosssaCi sono infiniti modi per chiamare una madre e altrettanti per ricordarla. Per molti popoli europei, il 10 maggio è il giorno dedicato alla festa della mamma. Le origini di tale ricorrenza affondano nella mitologia, con la celebrazione a Reha, sposa di Crono, figlia di Urano e Gea, rispettivamente dio del cielo e della terra.


La madre Reha, per evitare che il dio del tempo Crono mangiasse l’ultimo dei suoi figli, generò Zeus di nascosto in una grotta dell’isola di Creta. Fu proprio Zeus, poi, diventato dio, a vendicare i fratelli sul proprio padre Crono.


Analogamente, nel culto dei romani, Cibele, sarebbe la madre di Cerere, Giunone, Plutone, Nettuno e Giove, cui si dedicava una lunga festa proprio nella prima decade di maggio, mese dei fiori.


Maggio è anche il mese che la tradizione cristiana dedica alla Madonna. Molto prima della divinità di Reha ci sarebbero molti altri culti che affondano nell’era egizia e babilonese, con Iside e Ishtar.


Non tutti i paesi del mondo, celebrano la mamma nel mese di maggio, qualcuno la ricorre a marzo, con la festa delle donne, altri con l’equinozio della primavera, altri nel mese di aprile, agosto o dicembre.


Una ricorrenza quindi che nel mondo si estende per tutto l’arco dell’anno. In Italia, la festa, si accosta al bocciolo della rosa screziata, negli Stati Uniti a quello del garofano bianco o rosso, ma chiunque ha facoltà di scegliere e riverire, ringraziare e augurare con ogni fiore possibile.



La Festa della Mamma

venerdì 1 maggio 2015

Il garofano

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garofaniIl garofano (Dhianthus caryophillus) è un raduno di petali frastagliati e racchiusi nel loro piccolo e robusto calice verde. Quando le sue corolle arruffate raggiungono la veemenza del rosso porpora, esprimono fascino e decisione; se invece sono screziate di rosa, rappresentano l’amore, la più sentita riconoscenza o un’amicizia cara; quando il bocciolo è bianco, racconta la purezza dell’amore materno e la fedeltà nel bouquet della sposa italiana.


Il Dhianthus o “fiore di Giove”, proprio perché immagine di unità e intesa, indicava per gli antichi romani l’amore coniugale e la loro offerta era ben gradita per ogni tipo di cerimonia o anniversario di matrimonio. È anche il fiore arabo riportato in Europa dalle conquiste crociate, quello raffigurato nella sacralità delle pitture rinascimentali, quello nato dal pianto della Madre, tra i gruppi politici, sulla storia della rivoluzione dei portoghesi con i colori del loro stendardo. Un fiore adottato anche dalla Spagna, dalle isole Baleari, dalla Slovenia come emblema territoriale.


Il garofano sarebbe il contrassegno dell’essenza e della pura passione che raddolcisce e sconvolge ogni forma di carattere e sguardo umano; è stato anche il fiore intrepido all’occhiello della nobiltà, dei governatori, delle giacchette della galanteria, un fiocco di conquista per piccoli e grandi imperatori.


Sono i garofani rossi quelli lanciati per celebrare la festa dei lavoratori, la memoria storica d’occupazione, la rivendicazione dei diritti della solidarietà e della condivisione.


Erano, un tempo, i garofani tratteggiati fra le mura delle fabbriche francesi delle otto ore, sono oggi i fiori che arrossano di musica e parole la gente del primo maggio.



Il garofano

sabato 25 aprile 2015

I fiori della resistenza

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red roseTra tanti fiori ce ne sono alcuni che simboleggiano la libertà e la resistenza. Per questo mi sono spesso chiesto quale fosse la specie di fiore che ravviverebbe la conclusione della canzone partigiana Bella Ciao.


Ho indagato tra la cultura degli appassionati di musica e storia popolare per avere altri riscontri. Qualcuno di loro crede che fosse il papavero, altri pensano la rosa o il geranio dai petali rigorosamente rossi.


Eppure l’autore del celebre canto avrà sicuramente pensato a qualcuno di essi. In realtà le parole relative al fiore, è il caso di dirlo, “sbocciano” da una precedente versione di un canto della Maremma toscana, Il fiore di Rosina, il desiderio di una donna innamorata e tradita che richiede a tutti quelli che passeranno accanto al suo cuore tormentato di offrirgli un bel fiore.


Nel linguaggio dei fiori, però, quelli che simboleggiano la forza della resistenza contro quella di qualunque ostilità, sarebbero la camomilla, proprio per le sue virtù rilassanti, l’agrifoglio, l’amaranto e la mimosa. Quest’ultima, insieme al fiore del garofano e alla rosa canina è considerata anche simbolo d’indipendenza. Davvero una difficile ricerca ma utile e avvincente per comprendere meglio come il valore di una libertà possa nascere così, da un semplice canto popolare d’amore e lotta partigiana.


 



I fiori della resistenza

mercoledì 22 aprile 2015

Nel nome di Madre Terra

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giornata della TerraSono passati una mensilità e un giorno dopo l’equinozio di primavera e la Terra oggi sembra davvero cambiata. Dal 22 aprile del 1970, si celebra la Giornata della Terra voluta dalle nazioni unite, da oltre 175 Stati. È un evento voluto dall’ecologia, una breve tregua prima del respiro successivo, giusto l’attimo per valutare le attuali condizioni in cui versa il pianeta.


I gruppi nati dallo studio dell’ecologia la utilizzano per rendere i dati riguardanti, l’inquinamento dell’ambiente, la distruzione degli ecosistemi, le rendicontazioni circa lo stato della biodiversità, l’utilizzo delle risorse energetiche, lo sfruttamento di quelle naturali e dei danni ambientali.


È quel giorno importante che cerca soluzioni possibili, alternative, in grado di supportare e salvare gli habitat, restituendo la voce non solo alle comunità scientifiche, istituzionali e imprenditoriali ma anche a quelle dell’arte, delle associazioni e di chiunque voglia sensibilizzare e stimolare un positivo cambiamento culturale in tema di ambiente.


La giornata si riporta alle realtà locali, attraverso le scuole, i dibattiti, la politica, le manifestazioni di piazza e il copia-incolla scaduto di qualche servizio televisivo che non riesce a contenere le differenze tra ambientalismo e attivismo popolare.


Si evidenzieranno i problemi e le necessità che sono dei cittadini, la difesa dei beni comuni e non quelli di chiuse e antiquate lobby partitiche che traboccano solo in occasione di tale anniversario.


È la giornata della resilienza, cioè di quella complessa prerogativa che hanno gli habitat di reagire, finché possibile, agli eventi naturali improvvisi, alle pressioni antropiche spesso dettate da certi abusi o dal crescente malaffare.


In tutto il mondo si parlerà di cambiamenti climatici, desertificazione e deforestazioni, di piccole e grandi terre unite sotto una bandiera comune con il patrocinio d’importanti sigle e con la partecipazione attiva della gente.


Questa giornata è un’occasione per riscattare attraverso la condivisione, la naturalità che abita i sogni e le idee, un attimo in più per comprendere in modo definitivo diritti e doveri  che ci competono e che la Terra non appartiene solo agli esseri umani.



Nel nome di Madre Terra

sabato 18 aprile 2015

Il sovescio

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leguminose da sovescio

leguminose da sovescio


Il sovescio è una pratica dell’agricoltura che consiste nell’interrare determinate colture, per aumentare e mantenere la fertilità nel terreno. Si effettua rivoltando le colture con corrette arature o trinciando parzialmente la coltura.


L’obiettivo di tale pratica è di migliorare e proteggere il suolo agrario. Il risultato di un sovescio razionale, è di aumentare la materia organica nel terreno, riequilibrando, quindi, il rapporto C/N, rallentare i fenomeni di erosione e mantenere i tenori dell’azoto nitrico. Con fitte semine può contenere, per mezzo delle radici le altre erbe spontanee e apporta miglioramenti della struttura e tessitura del terreno.


Il sovescio per antonomasia è quello che si pratica con l’interramento delle leguminose, quali, favino, trifoglio e veccia, tra tutte le più capaci a fissare l’azoto atmosferico. Con la decomposizione delle masse verdi della leguminosa si trasferisce, tramite una serie di scambi naturali, l’azoto dall’atmosfera al terreno.


L’importanza di quest’ultimo minerale è fondamentale per la ripresa vegetativa e per l’accrescimento. Praticando tale operazione, la percentuale di azoto che resta disponibile per un eventuale semina o trapianto, è molto alta (40 – 60%). Per tutto questo il sovescio è una delle migliori concimazioni che si conoscano in agricoltura biologica e in permacultura e ben si adattano alle buone pratiche agricole.



Il sovescio