Per le tradizioni precristiane dell’emisfero settentrionale, quali quelle celtiche e germaniche, la festa del solstizio d’inverno, chiamata Yule doveva essere un giorno veramente speciale. Ogni anno, prima dell’avvento cristiano, questi popoli riservavano questo periodo alle loro divinità. Lo yule era uno degli otto giorni solari che prendeva il nome probabilmente da Hiol (ruota) per il semplice fatto che nel solstizio d’inverno il circolo dell’anno si scopre al suo estremo inferiore e inizia a risalire sulla linea dell’orizzonte. Un evento che dopo il cristianesimo si ripresenta, ancora oggi, con tutta la sua energia. Per i linguisti il nome dato dai germanici a quel 21 dicembre sembra avesse origini indo europee, forse persiane, un nome che per islandesi e finnici indicherebbe anche il Natale.
Fu Gregorio Magno al tempo della conversione cristiana a surrogare per i popoli nordici il termine Yule con quello di Natale cercando di conservare integre molte loro tradizioni originarie quale l’uso decorativo del vischio o dell’agrifoglio. Con tale ricorrenza gli alberi riprendono la loro importanza in questo prezioso periodo, come vitalità simbolica di fertilità, unione, persistenza e lungimiranza.
L’albero di yule si ripresentava anche come l’albero della fortuna e della ricchezza e conserva ancora analogie con l’albero cosmico di Ygdrasill che i celti divinizzavano insieme al loro dio Odino. Non è un caso che il dio Odino fosse raffigurato come un uomo barbuto e giudizioso disposto a ricambiare di doni il suo popolo se esso avesse nutrito il suo cavallo alato.
Una figura analoga certamente al nostro San Nicola Vescovo e poi al paffuto Babbo Natale che all’opposto provvede personalmente lui a sfamare le sue renne. Un albero su cui i popoli pagani potessero appendere le loro campane che al loro movimento avrebbero risvegliato e richiamato gli spiriti e una stella a cinque punte sulla sua cima più alta, a rappresentare il pentagramma dei cinque elementi naturali.
Per altre tradizioni, nel giorno dello Yule, si commemora la fine del re Agrifoglio pianta simbolica dell’anno appena
trascorso per far posto a quello del re Quercia che esprime l’anno nuovo e decreta l’ascesa solare. Con questo passaggio di regni dunque, lo Yule diventa un giorno speciale, così carico di simboli e magie tanto che nelle feste romane del Sol Invictus si usava vegliare dal tramonto all’alba seguente per accertarsi che il sole riapparisse ancora.
Un rito così rilevante anche per le donne celtiche che attendevano nell’oscurità l’arrivo dei loro uomini a portare la luce delle fiaccole incerate su sacri ceppi di quercia o frassino utile per accendere un grande fuoco simbolo di morte, trasformazione e rinascita allo stesso tempo.
Quello che più sorprende è che per ogni popolo, sia fosse, druidico, celtico, sassone, gaelico, slavo greco o romano questo giorno rappresentava la nascita di una divinità associata di solito al culto del sole, alla giustizia e al bene.
L’albero di Yule